Neuromarketing: guida ai contenuti che convertono!

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Con il termine “neuromarketing” si indica l’insieme di tutte quelle tecniche legate alle neuroscienze (nelle specifico le neuroscienze della decisione) applicate al marketing. Parafrasando il suo fondatore che introdusse questa disciplina nel 2002, Ale Smidts, direttore del RSM’s (Rotterdam School of Management) Erasmus Center for Neuroeconomics, il neuromarketing comprende le tecniche di identificazione dei meccanismi celebrali orientate a comprendere meglio il comportamento del consumatore e quindi aiuta a strutturare strategie di marketing più efficaci e performanti.

Personalmente mi piace definire il neuromarketing come il punto d’incontro tra le neuroscienze e il marketing. L’unione di due discipline che, combinante insieme, permettono di raggiungere risultati eccezionali.

Perché ho deciso di parlarti di neuromarketing? Se lavori con le affiliazioni o ti appresti a farlo in modo professionale (e non da opportunity seeker), dovrai individuare una nicchia su cui concentrarti e per cui creare contenuti.

Tuttavia, ti sarai accorto tu stesso che viviamo in un’ era dove siamo letteralmente bombardati da contenuti di ogni genere: pubblicità tradizionale, paid advertising sui social media, insomma siamo esposti ad una quantità di contenuti senza precedenti, tra cui anche quelli non pubblicitari. In questo clima di saturazione del contenuto, sicuramente è più difficile guadagnare l’attenzione dell’utente che è sempre più frammentaria. Sono tantissimi i marketer, gli affiliati e i content creator che ogni giorno si interrogano su domande come:

“Perché questo contenuto ha funzionato e l’altro no?”

“Con la mia ultima campagna ho raggiunto un tasso di conversione maggiore, perché?”

“Il post condiviso su Facebook ha ottenuto 20.000 like, come posso replicare?”

Premettendo che i like sono una vanity metric ai quali non per forza seguono delle conversioni, sappi che con questa guida ti aiuterò a comprendere cos’è il neuromarketing, quali sono i suoi vantaggi, inoltre, ti mostrerò come implementarlo per creare contenuti in grado di convertire e ti suggerirò l’utilizzo di alcuni tool indispensabili per migliorare le tue performance. Cosa stiamo aspettando? Cominciamo subito!

Scopi e vantaggi del neuromarketing

Uno degli scopi principali del marketing è, attraverso lo studio e la messa in atto di determinate strategie e ricerche di mercato, quello di suscitare una certa reazione e/o azione nel consumatore. Potrebbe trattarsi di aumentare la conoscenza e l’attaccamento ad un brand (operazione di brand awareness), oppure, un altro obiettivo, spingere l’utente a compiere un’azione come lasciare il proprio contatto (lead generation), o ancora, acquistare un prodotto/servizio. Ciò significa non solo attirare l’utente, ma convertirlo da visitatore a cliente o potenziale tale.

Però, come ti ho già anticipato, attirare un potenziale consumatore non è così facile come sembra, soprattutto perché quest’ultimo si ritrova ad essere bombardato da una tonnellata di contenuti pubblicitari e ha una soglia dell’attenzione sempre più scarsa. Ecco, il neuromarketing potrebbe giocare un ruolo fondamentale per studiare, comprendere meglio i processi decisionali che intervengono quando l’utente decide di compiere un acquisto (o quando si verifica una conversione di qualsiasi tipo) e questo permetterebbe di strutturare strategie molto più mirate ed efficaci.

Come ha sottolineato Gerald Zaltman, professore presso la Harvard Business School, dando un contributo decisivo al neuromarketing, l’attività inconscia della mente ha un’importanza fondamentale nell’ influenzare i processi decisionali di ognuno di noi, compresi quelli dell’utente che vuoi convertire! Nonostante si tratti di un’attività inconsapevole, secondo Zaltaman, condiziona il 95% delle decisioni di consumo che quindi non si basano per la maggior parte su ragionamenti logici e razionali, come siamo portati a pensare, ma su processi irrazionali legati a emozioni di cui siamo consapevoli in minima parte.

In poche parole: potrai fornire al tuo potenziale cliente una caterva di motivi razionali e spiegargli perché acquistare il prodotto/servizio che gli stai proponendo, ma sarà molto più semplice convertirlo se riuscirai a fare leva anche sulle sue emozioni.

Il neuromarketing, quindi, ha lo scopo di indagare e fare luce su questi processi sottesi così importanti, ma allo stesso tempo così poco noti. Grazie agli studi, alle tecnologie, ai software di cui ti parlerò più avanti e ai risultati raggiunti, il neuromarketing si pone l’obiettivo di scavare e conoscere più da vicino le aree del cervello e i processi inconsapevoli che si attivano quando l’utente viene sottoposto ad un determinato stimolo detto anche “trigger”. Laddove i tradizionali metodi di ricerca spesso falliscono, come ad esempio i questionari per le ricerche di mercato in cui l’intervistato non sempre risponde con ciò che pensa realmente, sia per motivi di vergogna che legati alla riprova sociale, il neuromarketing, invece, potrebbe riuscire a fare chiarezza.

Razionalità o emozioni? La foto mostra un cervello e un cuore

Siamo macchine emotive che pensano

Esiste un motivo per cui presso i concessionari auto, oltre a illustrati le caratteristiche della vettura che ti piacerebbe acquistare, insistono per farti provare l’automobile, spingendoti anche a fare un giro di prova: in quel momento il tuo cervello mette in atto tutta una serie di meccanismi che suscitano in te determinate sensazioni. È come se già ti sentissi il proprietario dell’auto, provi delle emozioni piacevoli e, se l’esperienza alla guida è stata all’ altezza delle tue aspettative, sarai molto più predisposto all’ acquisto.

Un esempio di come la prova di un determinato servizio possa spingere l’utente all’ acquisto, è rappresentato dal caso di Spotify: la famosa piattaforma di streaming musicale permette di fare una prova di 30 giorni prima di far sottoscrivere all’ utente un abbonamento mensile per continuare a fruire del servizio.

Il nostro cervello non ama il momento del pagamento, è risaputo che al momento di sborsare, secondo recenti studi, si attivano delle aree legate al dolore, paragonabili quasi alle sensazioni che proviamo quando subiamo un pizzico, potremmo definirlo un fastidio doloroso. Attenzione però: non si tratta di un fastidio direttamente proporzionale al prezzo (non è che se il prezzo è più alto soffriamo di più), ma è legato alla percezione del valore di ciò che stiamo acquistando. Se percepiamo un equilibrio tra prezzo e valore (il prezzo è giustificato dal vantaggio dell’acquisto) allora siamo predisposti a comprare. Diversamente, se percepiamo un prezzo spropositato in relazione al prodotto/servizio e ai benefici che potremmo ricavarne, non saremmo disposti a pagare e a finalizzare l’acquisto.

Spotify concede al consumatore di fare un prova del servizio sperando che questo lo porti innanzitutto ad abituarsi ad un’esperienza di fruizione musicale altamente soddisfacente e, considerando che bastano 21/30 giorni per instaurare una nuova abitudine, secondo te, cosa succederà se l’utente si abituerà ad ascoltare musica in modo semplice, veloce e soddisfacente? Esatto, sottoscriverà l’abbonamento, perché giudicherà il prezzo corretto, equo rispetto al servizio: il servizio vale il prezzo da pagare!

Interessante, non è vero?! Se anche tu utilizzi Spotify, riflettici. Ma perché le emozioni sono così cruciali nel determinare gli acquisiti? Come sottolinea Antonio Damasio:

“Non siamo macchine pensanti che si emozionano, ma macchine emotive che pensano”.  

Conosci te stesso e capirai il tuo cliente  

Gli esseri umani sono individui particolari, pensaci un attimo: siamo in grado di andare sulla luna, ma quando si tratta di rapportarci gli uni con gli altri è come se dimenticassimo le nozioni di base che ci caratterizzano e ci rendono quelli che siamo.

“Conosci te stesso” diceva Socrate e, a distanza di migliaia di anni, ritengo che questo sia ancora uno dei consigli più utili che tu possa ricevere per strutturare una strategia di comunicazione performante. Per quanto ogni essere umano sia diverso, esistono delle caratteristiche che accomunano tutti quanti e hanno determinato l’evoluzione della specie e la sua sopravvivenza.

Ogni essere umano ricerca il piacere e rifugge il dolore: è così che la nostra specie è riuscita a prosperare e sono questi due principi a guidarci nel corso delle vita intera, più o meno consapevolmente. Inoltre, per soddisfare il piacere, rispondiamo e siamo sensibili ad una serie di bisogni, alcuni inconsci, altri manifesti,  ben schematizzati nella famosa piramide di Maslow, tra cui:

  • Bisogni fisiologici (respiro, alimentazione, sesso, sonno, omeostasi);
  • Bisogni legati alla sicurezza (sicurezza fisica di occupazione, morale, familiare, di salute, di proprietà);
  • Bisogni di appartenenza (amicizia, affetto familiare, intimità sessuale);
  • Bisogni di stima (autostima, autocontrollo, realizzazione, rispetto reciproco);
  • Bisogni legati all’ autorealizzazione (moralità, creatività, spontaneità, problem solving, accettazione, assenza di pregiudizi).

La necessità di soddisfare tali bisogni spinge un utente ad agire. Fai attenzione a queste osservazioni perché, se riuscirai a implementare le conoscenze di neurormaketing all’ interno dei tuoi contenuti, potrai non solo distinguerti dalla massa, ma anche avere la possibilità di creare contenuti che siano davvero interessanti, di valore e in grado di convertire. Non sai da dove iniziare? Segui i miei consigli pratici!

Come funziona il cervello? La foto mostra la foto di un cervello e di una scala

Neuro-social marketing: crea contenuti che convertono

Le tecniche di neuromarketing vengono spesso implementate nelle strategie di content e social media marketing: si parla, infatti, di neuro-social marketing e neuro-copywriting. Questo perché data la grande competitività per conquistare l’attenzione dell’utente, i marketer e gli affiliati oggi devono saper sfruttare ogni tecnica a disposizione. Prima di continuare però occorre fare una precisazione: non sto per svelarti la formula magica che ti permetterà di condividere contenuti che genereranno milioni di conversioni. Ti sto indicano un percorso da seguire affinché tu stesso, grazie alle tue competenze e alle tecniche di neuromarketing che sto per consigliarti, possa trovare la tua formula magica e quella che funziona maggiormente per la tua nicchia.

La ricerca della nicchia è un punto fondamentale che distingue l’affiliato professionista, capace di strutturare asset a lungo termine, dall’ opportunity seeker. Trovare la tua nicchia e riuscire ad importi come leader di settore ti consentirà di adattare le tecniche di neuromarketing e neuro-social marketing al tuo target per poterne sfruttare al massimo le potenzialità.

Segui i miei 9 consigli per migliorare i tuoi contenuti

  • Conosci la tua nicchia: dedica del tempo alla costruzione delle buyer-personas che compongono la tua nicchia. Non sottovalutare questo passaggio e compila una descrizione più accurata possibile partendo dai dati biografici, passando per gli interessi, fino all’ istruzione e al lavoro che svolgono le persone che vuoi raggiungere con i tuoi contenuti. Non sai come ottenere questi dati? Consulta le statistiche di Google Analytics e ricorda di implementare il Pixel di Facebook per tracciare i comportamenti delle persone che interagiranno con i contenuti del tuo sito web.
  • Semplicità è la parola d’ordine: uno degli errori più comuni degli affiliati è quello di disseminare letteralmente i propri canali promozionali, come il sito web, di banner, link e avvisi di ogni genere. Niente di più sbagliato! Rischi che l’utente abbandoni il tuo sito o le tue pagine e i tuoi profili social senza compiere nessuna azione, anzi, sentendosi braccato e infastidito. Scegli un solo metodo di promozione (ad esempio i text link da spargere all’ interno di un pubbliredazionale) e fai dei test per poi selezionare il più efficace.
  • Mantieni le promesse: un potenziale cliente arriva nel tuo sito web e nei tuoi canali social con un bisogno da soddisfare o una problematica e pensa di poterla risolvere sulla base di ciò che hai scritto o detto. A questo punto, nei tuoi canali, dovrebbe davvero trovare la soluzione che sta cercando. Non ingannare l’utente utilizzando parole chiave incoerenti e frasi ad effetto per “ancorarlo” e attrarre unicamente visite. Ricorda, un utente che si sente “tradito” o insoddisfatto non solo non è ben propenso alla conversione, ma stai pur certo che non visiterà più né il tuo sito né i tuoi social media.
  • Racconta una storia originale, la tua: il nostro cervello è naturalmente preconfigurato per ascoltare storie, ma le copie annoiano. Per questo motivo ti consiglio di non scopiazzare in giro ma, sia che tu decida di parlare di una tua passione,  sponsorizzare un prodotto o vendere un servizio, fallo mettendoci la faccia, raccontando la tua reale esperienza e il perché abbia deciso di promuoverlo.

Inoltre, se vuoi veramente migliorare le performance dei tuoi contenuti:

  • Sfrutta la riprova sociale a tuo vantaggio, metti in evidenza uno spazio dove inserire le recensioni dei tuoi clienti. Non dimenticare gli altri principi di persuasione descritti da Robert Cialdini: reciprocità, impegno e coerenza, simpatia, autorità, scarsità.
  • Condividi contenuti endo-friendly: quando ti diverti il tuo cervello rilascia endorfine e ciò aumenta l’intimità e l’affezione verso un determinato brand. Perché grandi aziende dell’intrattenimento come Netflix hanno implementato nella loro strategia di contenuti i meme e altri post dai toni scherzosi e divertenti, soprattutto su Instagram? Proprio per questo motivo.
  • Utilizza software e tool di Eye tracking e Heat mapping.  

Soprattutto, ricorda:

  • Dai valore, prima di chiedere o pretendere qualcosa da un tuo potenziale cliente.  
  • Non sottovalutare l’etica , persuadere non significa manipolare. Potrai anche riuscire a  “fregare” l’utente una volta, ma poi?! Lo perderesti definitivamente. Invece, è molto più semplice e meno dispendioso (oltre che eticamente corretto) riuscire a riconvertire un utente già precedentemente convertito e soddisfatto, trasformandolo in quello che Kevin Kelly definirebbe un “True Fan”. Meglio avere 10 clienti che convertono e sono disposti ad effettuare un’azione suggerita da te, che sia la generazione di un nuovo contatto o l’effettuazione di un acquisto, piuttosto che 100.000 potenziali clienti che navigano sul tuo sito web o curiosano tra i tuoi canali social, magari lasciando qualche like, ma senza  compiere nessuna azione.  
neuromarketing_la foto mostra il disegno di un cervello

Neuromarketing: software e metodologie

Il neuromarketing per raggiungere gli scopi di cui ti ho parlato durante l’articolo utilizza strumenti e metodologie avanzate come:

  • L’ eeg, elettroencefalogramma;
  • La fMRI , risonanza elettromagnetica funzionale;
  • La MEG, magnetoencefalografia;
  • Software e tool di Eye tracking che tracciano il movimento dello sguardo;
  • Software e tool di Heat mapping grazie ai quali capire, mediante rappresentazioni grafiche, dove l’utente focalizza l’attenzione all’ interno di un determinato sito web, evidenziandone il comportamento.

I limiti del neuromarketing

Naturalmente essendo una disciplina relativamente recente, il neuromarketing presenta dei limiti. La scelta migliore parrebbe essere quella che prevede l’integrazione di tali tecniche innovative con i sistemi tradizionali di ricerca di mercato, come sondaggi, questionari etc.

Ciò di cui possiamo essere certi è che sappiamo ancora troppo poco del cervello umano. Molte persone hanno mosso delle critiche al neuromarketing sostenendo che la conoscenza approfondita delle dinamiche celebrali inconsce permetterebbe quasi di approfittarsi dell’utente, strutturando strategie eccessivamente performanti. Allo stesso tempo, i neuromarketer si difendono affermando che capire quali strategie di comunicazione e quali pubblicità funzionano davvero consentirebbe una significativa riduzione di tutti gli spot e dei contenuti che, invece di rispondere alle esigenze dell’utente, lo infastidiscono  senza portagli alcun beneficio.

Se vuoi il mio parere, ho deciso di darti altri tre consigli come bonus extra, perché si tratta di un argomento a cui tengo particolarmente:

  • Osserva: guarda cosa fanno i brand, osserva te stesso e tutte le volte che hai acquistato qualcosa. Chiediti il perché di un acquisto. Scopri quali sono state le leve che ti hanno spinto a compiere un’ azione.
  • Usa queste tecniche responsabilmente: ricorda di mettere sempre in primo piano l’etica e il valore che puoi trasmettere ad un utente e, solo in un secondo momento, pensa al tuo tornaconto. Se l’utente percepirà il valore dei tuoi contenuti, ti assicuro che non tarderà a ricompensarti (vedi il principio di reciprocità di Cialdini).
  • Effettua continui test: come ho già sottolineato, non esistono formule magiche e il neuromarketing, per quanto efficiente, è ancora agli inizi. Quindi, testa tu stesso sul campo ciò che funziona, agisci, sporcati le mani, leggi i dati di  Google Analytics, gli insights di Facebook o quelli delle altre piattaforme che sceglierai. Sfrutta tutto ciò per migliorare le performance dei tuoi contenuti e delle campagne pubblicitarie, sperimentando nuovi angles, fino a trovare la formula che funziona maggiormente per la tua nicchia.

Infine, divertiti! Può sembrare una banale, ma se la tua audience non percepirà in primis il tuo sincero entusiasmo verso un argomento, un prodotto, un servizio, difficilmente si appassionerà a sua volta.

Spero che questa guida ti sia piaciuta, se vuoi saperne di più o sei hai dei dubbi su come implementare queste tecniche nei tuoi contenuti, lasciami un commento qui sotto e sarò felice di risponderti, condividendo dritte e consigli pratici legati al neuromarketing!

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