Il Native Advertising è una forma di pubblicità che, per suscitare interesse da parte degli utenti, si plasma e si adatta ai contenuti del sito che la ospita, uniformandosi alla pagina. Questo tipo di pubblicità, oggi diventata consuetudine anche presso siti web e portali autorevoli, ha un enorme vantaggio: si mimetizza con i contenuti presenti sul sito web che la accoglie, non venendo quindi percepita dall’ utente come un’interruzione o comunque come qualcosa di fastidioso.
Diversamente dalla pubblicità tradizionale che viene immediatamente notata dall’ utente e può indurlo a chiudere o a cambiare il sito che sta visitando, il Native Advertising mescolandosi con gli altri contenuti, non viene avvertito come qualcosa di “estraneo”. Ciò garantisce maggior engagement sulle Adv: l’utente è più propenso a interagire e a compiere un’azione verso qualcosa che percepisce come contenuto e non come pubblicità.
Esistono delle metriche di riferimento grazie alle quali valutare campagne e annunci Native Advertising, tra cui CTR (Conversion Throught Rate) e CR (Conversion Rate ). Il CTR misura la capacità attrattiva dell’annuncio nei confronti dell’utente, mostrata nel rapporto tra numero di click su un annuncio pubblicitario rispetto al numero di volte in cui l’annuncio è stato visualizzato. Il CR, invece, è il rapporto in percentuale tra il numero di visite o visitatori e il numero di azioni desiderate da questi ultimi.
Già da queste prime righe intuirai quanto il Native Advertising sia importante, soprattutto per chi lavora con le affiliazioni, dato che le campagne visualizzate hanno un tasso di conversione (CR – Conversion rate) niente male. Mentre, per quanto riguarda il CTR, le stime si aggirano intorno ad un CTR dello 0,1% – 0,5%.
Nella guida che ho preparato oggi ti spiegherò non solo cos’è il Native Advertising, ma anche come funziona, quali formati esistono e come sfruttarne tutti i vantaggi. Mettiti comodo, iniziamo!
Native Advertising: come funziona?
Il Native Advertising nasce con uno scopo preciso: far crollare o quanto meno mitigare il più possibile l’effetto “banner blindess” , cioè quell’ atteggiamento di difesa che ogni utente adotta quando riconosce di trovarsi davanti ad una pubblicità.
Ecco quindi che il Native Advertising, adattando i suoi codici e fondendosi insieme al sito che lo ospita, non viene percepito come qualcosa di invasivo che sta ostacolando e ritardando in qualche modo la fruizione dei contenuti, ma passa quasi inosservato. Tu stesso, se utilizzi Facebook, Instagram e Twitter , avrai notato quanto sia facile che un contenuto sponsorizzato assuma le forme dei post che stai già visualizzando. Mentre scorri il feed di Instagram o la bacheca di Facebook, se non vedessi la dicitura “sponsorizzato” in cima al post, saresti in grado di dire, immediatamente, se si tratta di una pubblicità? Riflettici.
Altri esempi di Native Advertising a cui siamo ormai abituati, oltre a Facebook Ads e Instagram Ads, sono:
- Twitter Ads;
- True View di Youtube;
- Google Ads, soprattutto le funzionalità Google Search e Google Display;
- Gli annunci su portali che trattano varie tematiche, come quelli dedicati all’ informazione;
Chiarita l’importanza del Native Advertising, sicuramente ti stai chiedendo come utilizzare questo strumento per raggiungere i tuoi obiettivi di business: non ti resta che continuare a leggere e applicare questi 3 consigli!
Come fare Native Advertising: 3 consigli
Affinché il Native Advertising possa realmente diventare un mezzo per aiutarti a migliorare le performance della tua attività, è necessario seguire degli accorgimenti per strutturare annunci realmente capaci di fondersi con i contenuti del sito. In un momento storico come questo, in cui è molto frequente essere bombardati da pubblicità di ogni genere, pensare di riuscire a ottenere risultati soddisfacenti tramite banner e adv invadenti o aggressivi è una vera utopia.
Ecco 3 consigli + 1 che puoi applicare subito:
- Scegli il formato giusto: dovrai adattare il tuo annuncio a seconda del target a cui hai deciso di rivolgerti e alla piattaforma che preferisci utilizzare, in linea con gli obiettivi prefissati. Ti indicherò nel dettaglio i formati di Native Advertising esistenti cosicché tu possa fare la scelta migliore per la tua strategia.
- Coerenza prima di tutto: se vuoi che il tuo annuncio si confonda tra i vari contenuti e non infastidisca il lettore, allora devi fare in modo di omologarlo il più possibile con il sito o il canale social che lo ospiterà. Dallo stile, al tono di voce, fino alle tematiche trattate, l’intero insieme deve essere perfettamente in armonia per garantire continuità all’ esperienza di fruizione.
- Misura e ottimizza: come ti ho già anticipato, esistono vari formati di Native Advertising, quindi, per capire davvero ciò che può portarti risultati migliori sarà necessario effettuare dei test combinando diversi formati e piattaforme, monitorando i dati, eliminando senza indugi le opzioni che si sono rivelate deludenti, per concentrarti, invece, sulle campagne che hanno funzionato o che iniziano ad avvicinarsi agli obiettivi che ti sei prefissato.
- Consiglio extra: soprattutto se sei agli inizi, concediti del tempo e fissa obiettivi realistici. Osserva con occhi attenti gli annunci dei tuoi competitor, studia come mimetizzare la pubblicità in modo che sia interessante, ma allo stesso tempo, meno invasiva possibile. Ti servirà del tempo per capire come funziona veramente il Native Advertising, quindi non aspettarti subito un ROI (ritorno sull’ investimento) sbalorditivo, ma focalizzati su ciò che ha funzionato per potenziarlo.
Native Advertising: Quali formati esistono?
Come già sottolineato, il formato di Native Advertising scelto giocherà un ruolo fondamentale nel delineare o meno il successo della tua campagna, per questo è importante valutare attentamente le opzioni a disposizione in relazione anche alla piattaforma che le ospiterà. Si possono distinguere secondo IAB (Interactive Advertising Bureau) sei formati differenti di Native Advertising:
- In-feed units: si tratta del formato collocato all’ interno del contenuto editoriale di cui riprende forma e stile. Potrebbe essere un annuncio dentro l’articolo di un blog o di una testata, inserito tra un paragrafo e l’altro.
- Paid search units: annuncio in search a pagamento, è il formato che appare in cima ai risultati di ricerca organici e ha le medesime caratteristiche grafiche. Hai presente gli annunci a pagamento creati mediante Google Ads e, nello specifico, la funzionalità Google Search? Sono proprio quelli.
- Recommendation widgets: è un formato popolare tra le testate giornalistiche, ovvero sono gli annunci native integrati a fine articolo con la dicitura “contenuti raccomandati”, “scelti per te”, “contenuti correlati” etc.
- Promoted listings: sono quei post presenti sui siti di annunci che combaciano perfettamente con l’esperienza di navigazione dell’utente perché mostrano prodotti e servizi simili, o strettamente correlati, a quelli che già sta cercando, ma si tratta appunto di sponsorizzazioni. Ora è molto frequente vedere questo fenomeno anche su siti come Amazon in cui, in correlazione alla ricerca dell’utente, vengono mostrati oggetti analoghi tra cui gli annunci sponsorizzati.
- In-ad units: sono annunci simili ai formati tradizionali IAB standard, ma si differenziano perché presentano un contenuto contestualizzato all’ interno di un annuncio. Rientrano in questo formato le pubblicità display come i banner.
- Custom/can’t be contained: con questo termine si indicano tutti quei formati che non rientrano nei precedenti cinque di cui ti ho appena parlato. Infatti, ogni giorno, le esigenze legate all’ ubicazione degli spazi pubblicitari e alle performance da raggiungere, favoriscono la nascita di nuovi formati.
Quale piattaforma scegliere?
In Italia, le piattaforme maggiormente utilizzate per fare Native Advertising sono:
- Outbrain;
- Ligatus;
- Taboola;
Ognuna di queste piattaforme si distingue per caratteristiche e aspetti differenti, ma prima di addentrarti e sperimentarle, tieni a mente che, per quanto riguarda gli advertiser, ogni piattaforma ha le sue policy legate a deposito minimo, piattaforma self-service e link da promuovere.
Per gli affiliati, invece, le piattaforme hanno regole relative alla tipologia di sito web e alle visite uniche giornaliere per aderire al programma. Potrebbe capitare che un affiliato diventi un advertiser in grado di guadagnare con le piattaforme Native Advertising veicolando traffico verso delle campagne promozionali, verso un publiredazionale oppure ancora monetizzando delle inventory su siti web che hanno molte visite al giorno.
Native Advertising: previsioni per il futuro
Con questa guida spero di averti fatto capire l’importanza del Native Advertising e perché, soprattutto se lavori con le affiliazioni, sia uno strumento molto potente da utilizzare per incrementare le performance dei tuoi annunci.
Se non ti ho convinto, sappi che Yahoo e Enders Analysis hanno condiviso uno studio denominato “Native Advertising in Europe 2020” che riporta le stime di crescita del Native Advertising nel 2020: addirittura l’aspettativa di crescita è del 156% nei prossimi 5 anni! Non sprecare un’ opportunità simile, datti da fare per sfruttare questo strumento e le sue potenzialità.
Quali sono le tue esperienze o i tuoi dubbi riguardo il Native Advertising? Scrivimeli qui sotto nei commenti e, a proposito di opportunità, non perdere la possibilità di ricevere una mia dritta per migliorare la tua strategia!